Ingresso illegale in un Paese per uno straniero accompagnato dal figlio: escluso il reato di favoreggiamento

Per i giudici, difatti, il genitore straniero esercita semplicemente la responsabilità che gli incombe nei confronti del minore

Ingresso illegale in un Paese per uno straniero accompagnato dal figlio: escluso il reato di favoreggiamento

Il cittadino di un Paese terzo che entra illegalmente nell’Unione Europea non può essere sanzionato per favoreggiamento dell’ingresso illegale per il solo fatto di essere accompagnato dal figlio minorenne. Ciò perché tale genitore esercita semplicemente la responsabilità che gli incombe nei confronti del minore.
Questo il chiarimento fornito dai giudici (sentenza del 3 giugno 2025 della Corte di giustizia dell’Unione Europea) a fronte dei dubbi sollevati da un Tribunale italiano in merito alla portata del comportamento illecito di favoreggiamento dell’ingresso illegale nel Paese, come previsto dal diritto dell’Unione Europea.
Per i giudici non ci sono dubbi: non rientra in tale fattispecie la condotta di una persona che, in violazione del regime di attraversamento delle frontiere, faccia entrare nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di Paesi terzi che l’accompagnano e nei confronti dei quali essa è effettivamente affidataria. Infatti, tale condotta non costituisce favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che il diritto dell’Unione Europea mira a combattere, ma esercizio della responsabilità di tale persona nei confronti di detti minori, derivante dal loro rapporto familiare. Il diritto dell’Unione Europea osta quindi a una normativa nazionale che sanziona penalmente tale condotta.
Chiara la vicenda originatasi in Italia. Nell’agosto 2019, una cittadina di un Paese terzo si è presentata alla frontiera dell’aeroporto di Bologna, all’arrivo di un volo proveniente da un Paese terzo, accompagnata da sua figlia e da sua nipote, entrambe minorenni e aventi la sua stessa cittadinanza, utilizzando passaporti falsi. Dopo essere stata arrestata, le è stato contestato il reato di favoreggiamento dell’ingresso illegale. Ella ha dichiarato di essere fuggita dal suo Paese di origine perché lei e la sua famiglia erano minacciate di morte dal suo ex compagno. Temendo per l’integrità fisica della figlia e della nipote, di cui era effettivamente affidataria a seguito del decesso della madre della bambina, le ha portate con sé. E poco tempo dopo, ha presentato una domanda di protezione internazionale.
I giudici comunitari, su sollecitazione del Tribunale italiano, sono stati chiamati ad esaminare la questione se la condotta tenuta dalla donna rientri nei comportamenti illeciti di favoreggiamento dell’ingresso illegale, alla luce del diritto dell’Unione Europea , e se possa essere sanzionata penalmente.
Per i giudici comunitari, in primo luogo, la condotta di una persona che, in violazione del regime di attraversamento delle frontiere, fa entrare nel territorio di uno Stato membro minori cittadini di Paesi terzi che l’accompagnano e di cui è effettivamente affidataria, non rientra nei comportamenti illeciti di favoreggiamento dell’ingresso illegale ai sensi del diritto dell’Unione Europea. Ciò perché tale condotta costituisce esercizio della responsabilità di tale persona nei confronti di detti minori, derivante dal rapporto familiare e dall’affidamento effettivo di tali minori. Un’interpretazione in senso contrario comporterebbe un’ingerenza particolarmente grave nel diritto al rispetto della vita familiare e nei diritti fondamentali del minore, al punto da pregiudicare il contenuto essenziale di tali diritti fondamentali.
Tale interpretazione si impone, nel caso specifico, anche sotto il profilo del diritto fondamentale all’asilo. infatti, dato che la persona ha presentato una domanda di protezione internazionale, ella non può, in linea di principio, essere considerata in situazione di soggiorno irregolare fintantoché non sia stata adottata una decisione sulla sua domanda in primo grado, né può incorrere in sanzioni penali a causa del suo proprio ingresso illegale o per essere stata accompagnata, al momento di tale ingresso, dalla figlia e dalla nipote, di cui è effettivamente affidataria.
Per i giudici comunitari, in secondo luogo, il diritto dell’Unione Europea osta a una normativa nazionale che sanziona penalmente tale condotta. Infatti, gli Stati membri non possono estendere la portata dell’illecito di favoreggiamento dell’ingresso illegale, come definito dal diritto dell’Unione Europea, includendovi comportamenti non previsti, in violazione della Carta.

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